Parole sfuse che costano meno

Le donne vengono da Venere, gli uomini da Garbatella

I soldi e la svizzera

Ogni volta che mi trovo ad affrontare un qualsiasi argomento con chi mi conosce, i primi 20 minuti sono dedicati a smorzare il pregiudizio che qualsiasi cosa lui stia ascoltando è frutto dalla mia voglia di cacare il cazzo.

Per carità, a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Anni di poco lusinghiere valutazioni di specchiati insegnanti non possono tutti essere frutto di una cospirazione sauromata ed il mio parlare per iperboli mi ha portato di norma solo guai ma in questo caso chiedo di porre “il solito stronzo” come corollario e non come prologo a: la svizzera non è un paese ricco è un paese coi soldi che è tutta un’altra storia.

Agli inizi del novecento, cinque secoli di pace non erano riusciti a traghettare nel benessere il paese rosso crociato al contrario di realtà di simili dimensioni ma molto più piratesche come il Belgio e l’Olanda per una ragione molto precisa: la Svizzera non esisteva come paese unito, c’erano migliaia di piccoli centri isolati, poco popolati da gente che amava rimanere isolata, con pochissima voglia di mischiarsi con altri e che parlava il suo dialetto di una lingua che smetteva di avere senso appena uscito dal recinto del gregge. Non è un caso se Hedi consideri il suo trasferimento a Francoforte (mica Kampala) come la schiavitù in Babilonia.

Ora, senza scomodare Ricardo o Malthus, è abbastanza evidente che se l’economia di un posto si basa su “io ti do una moneta a te, tu la dai a mia sorella (che in alcuni casi è pure mia moglie) e mia moglie la da a me” poco si possa ottenere otre a figli emofiliaci.

Poi, non molto all’improvviso, il secolo breve ha cominciato a dimostrare c’era molto da rimpiangere l’era della controriforma in cui al più ti davano fuoco al villaggio ed ai figli in nome dei sacramenti ed un luogo “isolato, riservato, protetto, povero” diventava il rifugio ideale per qualcosa che nel paese non c’era ma che ci avrebbe riposato benissimo: i soldi degli altri.

Sull’ortodossia delle modalità di versamento si potrebbe aprire una sterile polemica e poco importa se certe volte le pepite d’oro avessero la singolare forma dei premolari, fatto è che nel 1946 la Svizzera si ritrovò piena di danaro depositato da sbadati clienti che si dimenticarono di andarlo a ritirare.

Teoricamente alcuni correntisti avrebbero dovuto avere 128 anni, tal altri provenivano da villaggi che erano stati decorativamente rimpiazzati da crateri fumanti ma nell’osservanza del segreto bancario gli istituti protessero la privacy dei longevi e vaporizzati clienti.

Per continuare ad attrarre certi tipo di clienti e conservare il danaro era sicuramente necessario darsi un contegno ed è per questo che un giorno (me la immagino così) fu deciso che tutto sarebbe costato il doppio, la gente avrebbe guadagnato il doppio ed alla fine del mese tutto sarebbe rimasto uguale a parte la bestemmia che ti parte quando alla stazione di Zurigo ti chiedono 6 euro al banco per un caffè di merda.

L’impatto che ha la Svizzera su un italiano è devastante. Politiche ultra protezionistiche ti portano a pagare un mazzo di asparagi quanto il diadema da incoronazione di Caterina la grande e la sensazione di essere gabbato non svanisce. Tutto ciò che richiede l’intervento umano costa tantissimo perché la manodopera costa tantissimo per permettere agli operai di comprare le cose che costano tantissimo.

È inutile che proviate ad analizzare la questione, sono due anni che ci sbatto le corna sopra senza alcun risultato.

Sicuramente vero che il livello dei servizi sia molto alto, la burocrazia sia efficiente ma non è che la Svizzera confini con il Lesotho e lo Swaziland, oltre dogana funziona tutto uguale ma senza dover sperare che il cartellino dei broccoli sia in marchi della repubblica di Weimar.

La consapevolezza di vivere in un sistema truccato genera un certo distacco nei confronti del danaro. In tanti paesi costosi, come il Qatar, hai eccellenti occasioni di sputtanare il tuo danaro ordinando bistecche di narvalo placcate oro ma volendo puoi andare per bettole spendendo mezzo euro, qui no! Sai benissimo che il tuo stipendio non ti appartiene e che la macchina è tarata come un casinò per farti restare al tavolo e non permetterti di alzarti fino ad aver cacciato l’ultima fiche. Non sarai mai ricco, sei un deposito provvisorio di danaro ma non t’azzardare a considerare di tenerlo.

Il concetto di sconto poi assume connotati Ioneschiani. E’ assolutamente impensabile che ti vengano abbonati anche due fetecchiose monete di rame (i 5 centesimi di franco che la gente guarda come acari sul paltò) in un conto del ristorante mentre la prima offerta di un qualsiasi fornitore ha la concretezza di un lemonissimo nella lava e ti logorerà con una battaglia all’ultimo sconto degna della qasba di Algeri.

Per questo motivo ogni ribasso, anche insignificante, è pubblicizzato a grandi lettere nei supermercati per rimarcare che ti stanno levando 11 centesimi sullo yogurt al rabarbaro e pistacchio senza soffermarsi sul disagio che ti abbia spinto a scegliere quel gusto.

Unica nota positiva è che mentre qui mi sento un medio borghese che non sia mai non dovesse perdere il lavoro sarebbe donato alla ricerca scientifica, ogni volta che ritorno a casa trovo assolutamente ragionevole qualsiasi conto da turista giapponese mi venga sottoposto e rispondo sorridendo “me ne porti un altro per favore”.

PS

Poi alla fine, con tutte le critiche a me piace vivere qui è che davvero non so stare senza rompere il cazzo

 

 

Maggio 5, 2020 Posted by | Editoriali | Lascia un commento