Parole sfuse che costano meno

Le donne vengono da Venere, gli uomini da Garbatella

La direttora (mortacci vostra, tze, tze)

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Prologo
Per volontà di un membro femminile della mia famiglia la cui identità sarà protetta dall’anonimato usando solo la cifratura del nome, M.P.R.M., il brano è stato emendato dalle volgarità ritenute eccessive.

Svariati post di questo sfogatoio sono stati dedicati all’enumerazione dei miei difetti. Il limite di 10 terabyte ha causato una versione ristretta di questa lista ma nemmeno la ex più avvelenata ed incarognita (sicuramente a ragione) potrebbe annoverarvi il maschilismo.
Anche se 7 anni di ingegneria avrebbero potuto sviluppare una misoginia in stile ISIS radicale a furia di 23 regalati a generose scollature e tanga ammiccanti ho rintuzzato questi sentimenti beceri grazie al fatto che questo non costituisca reato (non è possibile condannare né un uomo che supplica per un bicchiere d’acqua in un deserto di progesterone né colei che si fa pagare il giusto prezzo per generare una ridda di sogni zozzi)  ma sopratutto ad una educazione ferrea di un pool di donne con più palle di un campo da golf durante i PGA Master. Lo so, la metafora è sessita ma quella sulle ovaie mi sembrava troppo intima e scostumata.

Mia nonna materna era una matematica, insegnante ed alla veneranda età di 80 anni ha cacciato uno scippatore a morsi. Quella paterna, insegnate anch’ella, scendeva saltellando dal Gran Sasso innevato per raccogliere i crochi bullandosi delle slavine. Mia madre, oltre ad aver cresciuto me (grado di difficoltà 9.2 nella scala Richter), girava per l’Europa ed il mondo sedendosi a tavola in posti tipo Versailles, non da Gigi il Troione. In ultimo mia sorella che parla 6 lingue, due lauree, restituisce all’antica bellezza opere che valgono come il PIL della Svezia ed ha portato a cena a casa nostra il ministro dello sport Cubano ed una medaglia di bronzo ai mondiali di atletica, ‘na cosetta.

Questo trust di cervelli stilosi ha impresso nel mio midollo allungato un rispetto a metà fra superstizione e scienza per il gentil sesso che non è mai stato identificato come “differente” a parte la necessità di abbassare la tavoletta del xxxx ma semplicemente complementare.

Il senso di uguaglianza  intrinsecamente radicato non è mai stato scalfito se  non da uno sfortunato episodio della mia primissima adolescenza, credo sui 12 anni al massimo.
Mia madre era venuta raccattarmi presso qualche campo di calcetto e la tappa successiva era riprendere mia sorella, donna molto più acculturata, che passava il pomeriggio impegnata nel sociale presso il collettivo femminile.

Non sapevo né onestamente ero interessato a cosa fosse un collettivo ma l’impossibilità di trovare parcheggio aveva spinto mia madre alla doppia fila e conseguentemente toccava a me cercare Chicca per comunicarle il nostro arrivo. I cellulari erano solo le camionette della polizia all’epoca.

La porta del centro sociale occupato era presidiata da una lella che nella mia memoria traumatizzata rimarrà simile ai punk post apocalittici di Ken Shiro: giubbotto jeans smanicato, cresta, borchie e tatuaggi. Probabilmente era una mite collezionista di coleotteri ma io me la ricordo così. Per chi non mi conosca, già ora ho un aspetto abbastanza mite ma a 12 anni ero minaccioso e testosteronico quanto Pikaciu dei Pokemon per cui fui sopreso quando il bulldog che mi stoppò sull’uscio tipo vampiro con una chiesa ringhiando: “fermo tu, dove vai?” con la deferenza di un lebbroso afono risposi : “ciao scusa, cercavo Francesca, sono suo fratello” “tu non puoi entrare perche sei maschio” li m’è scesa la catena ed ho replicato di rabbia con l’unica cosa sessista cosciente della mia vita “allora vaffanculo e valla a chiamare te” abbassando il tono di tre ottave e facendo balenare del fuoco infernale sul fondo degli occhi da bambi. Come sia stata sedata la rissa, verbale, che ne è seguita non me lo ricordo ma sono ragionevolmente certo che ci sia voluto del curaro per me ed un pungolo da bestiame per il molosso alla porta.

Da allora sono passati 28 lunghi anni di rispetto e cortesia legate ad un codice d’educazione che a quanto pare ora è diventato sessista e discriminatorio: le porte aperte, i fiori, l’aspettare che una ragazza rientri al portone, cose del genere pare siano gesti che impongono la predominanza maschile.. io li chiamo buona creanza e me ne batto, col dovuto rispetto, le biglie.

A peggiorare il mio senso di insofferenza per questa nuova generazione di presunte femministe inutili è stato l’arrivo del circo Boldrini in città con la sua elezione a presidentessa della camera. Mamma ha accolto la notizia con giubilo perché la sua esperienza con la sopracitata era stata molto felice e me l’ha dipinta come persona sensibile, capace ed esperta della cooperazione internazione volta alla salvaguardia dei migranti. Perché membro non ha continuato a fare quello dico io?

Sono 3 anni che mi tocca sentire una cazzimmosa e nasale vocina che spende denaro pubblico per la promozione di studi che diffondano termini inesistenti come presidenta, giudicia, onorevola e qualsiasi altro termine sgraziato che ricordi il titolo di un film con Bombolo e Nadia Cassini. Ma suina la maialissima zozza anzi suino il maialissimo zozzo perché altrimenti si rischia una sanzione, passi (ma anche no) l’inventarsi vocaboli senza senso perché non esiste l’equivalente femminile ma che fallo, presidenta no!! Non lo so perché la parola presidentessa non vada bene ma i danni che il clone femminile dello spaventapasseri del mago di Oz sta facendo alla già martoriata grammatica italiana sono insopportabili e stanno intaccando il buon senso di base come  dimostra il manifesto inviatomi da fonte anonima e sdegnata. L’emancipazione femminile credo subisca più danni con questa baracconata che con dieci visioni di 50 sfumature di grigio.

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Aspetto a breve un bel decreto legge che abbassi l’altezza dei cessi a un metro e mezzo per fare tutti la pipì da seduti ed un corpo di polizia che una volta al mese colpisca gli uomini al naso per farci sanguinare per solidarietà.

Pagliaccia!

PS
A nome della parità dei sessi pretendo che i vocabolari di tutte le famiglie italiane siano corretti a spese dello stato inserendo i seguenti lemmi: Gesuito, internisto, pediatro, qualunquisto, astronauto e che i termini abigui (l’idea non è mia) come comandante siano suddivisi in comandanta e comandanto. E’ il minimo.

marzo 11, 2015 Posted by | Editoriali | 2 commenti

Masterceppa!

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Normalmente non rileggo mai quello che scrivo. Mosso per lo più da fastidio e saccenteria quando vengo colpito dal sacro fuoco mi metto alla tastiera e quello che viene fuori, viene fuori. Tipo Kerouac con il famoso rotolo di carta per fax.

Queste poche righe invece erano rimaste li, buttate in un cantuccio telematico da quasi venti giorni perché il tema era stato dibattuto da tempo ma non ero proprio convinto soprattutto perché parlavano di due grandi amici, due fratelli che però alla fin fine meritano di essere bastonati come tutti gli altri, senza troppa indulgenza.

L’attentato di Sarajevo però mancava, almeno fino a lunedì sera, ore 23:50. L’ottimo Gepi ed io stavamo rientrando a casa dopo una serata delittuosa allo stadio olimpico cominciata ben prima in un pub aperto solo per noi. La Roma aveva appena buttato nel cesso le residue ed esigue possibilità di  scudetto ma ne avevamo una percezione sfumata perché un altro membro della brigata aveva avuto la felice intuizione di portare un amico irlandese che, per ricambiare il nostro calore, s’era sdebitato comprando 40 birre in 90 minuti. Con quaranta, non voglio dire un numero elevato per fare il fenomeno ma proprio 8X5.. essendo noi 7 potrete capire la gravità della situazione che non mi rendeva proprio incline al confronto dialettico.

A metà dell’olimpica, con la testa fuori dal finestrino tipo golden retriever per snebbiare la mente, torno in me quando Gepi risponde ad una telefonata del carissimo Francesco che avevamo appena lasciato al parcheggio. “Sarà successo qualcosa” penso io, “vorrà parlare della partita condendola con qualche sana Madonna” suppongo ed invece la chiamata prossima la mezzanotte è per… una visione collettiva della finale di master chef!

Ora, Francesco è quello che in qualche post fa ho invitato a comprare un pela patate perché fino ai 40 anni non aveva mai sbucciato una mela e Gepi è uno che può mangiarsi un pacco di tortellini crudi perché non gli va di mettere l’acqua sul fuoco, cosa cazzo ve guardate master chef?

Un pelato che parla come “quelo”, un cuoco che mette l’aglio nella carbonara ed un altro che sembra Oreste Lionello con i crampi per stipsi perché dovrebbero rappresentare il gotha della cucina italiana? Che cazzo mi significano? Fra l’altro i miei due amici (e rispettive mogli) sono il pubblico tipico di questa minchiata di trasmissione, gente che in cucina ci stende i panni o al massimo ci entra quando vuole visitare un posto che non ha mai visto… allora mi chiedo io.. cosa cavolo vi vedere a fare un programma del genere se poi l’ultima volta che avete cucinato è quando vi siete mangiati le unghie?
Cazzo è come guardare youporn senza farsi le pippe, è inumano!

Già che ci sono mi levo un altro sassolino che tenevo da parte da un paio di settimane.

Un premio, per quanto sia prestigioso, non è una patente di qualità. Comprare libri che vincono i concorsi letterari è una stronzata. Sappiate che le case editrici si spartiscono i vincitori a tavolino ogni anno per cui se volete sfoggiare cultura e vi comprate il premio Strega fate prima ad andare in Egitto, farvi estrarre il cervello dal naso con un uncino alla vecchia maniera, riporlo in un canopo e farne bella mostra su di una mensola, tanto non ne fate uso alcuno.

Allo stesso modo, credere che la palma di Cannes, l’orso di Berlino, il leone di Venezia, il Cicorione di Frascati e peggio di tutti l’oscar individuino il cinema di qualità equivale ritenere che la vendita dell’isola di Manhattan per 24 dollari ed una manciata di perline e specchietti sia stato un discreto affare immobiliare.

Gli oscar sono il tentativo triste con cui un mercato in cui incassano solo film con botti, astronavi, elfi e culi prova a darsi un minimo di dignità premiando film in cui generalmente un depresso affetto da qualche malattia mainstream si invaghisce di un’anoressica nativa americana sullo sfondo del midwest agricolo in sfacelo.

Volete una prova? Questi i più accreditati prima della serata sul red carpet.

  • American Sniper, unico film di spessore che parla di reduci strippati e come tutti i film di qualità non è stato considerato
  • Gran Budapest hotel, un film inspiegabilmente divertente che (vedi sopra) infatti non è stato cacato di striscio. Per il prossimo film consiglio al povero Wes Anderson di metterci un cagnolino epilettico e la statuetta non gli potrà sfuggire
  • Boyhood, una puntata di 12 anni della famiglia Bradford emozionante come fissare una sequoia che cresce
  • The imitation game, film discreto in cui un matematico omosessuale con problemi relazionali rimorchia una gnocca. Praticamente fantascienza se siete mai entrati nella facoltà di matematica
  • La teoria del tutto, altro film in cui un fisico rimorchia. Anche qui per fare inumidire gli occhi c’è una bella malattia degenerativa.
  • Birdman, 130 minuti di piano sequenza (ammirevole) in cui quattro depressi si immalinconiscono fino a tentare a turno vari suicidi
  • Selma, nemmeno hanno invitato il regista per cui male non deve essere

Credo che il cinema, come ogni cosa vivente, abbia esaurito il suo periodo fertile ed abbia finito le storie da raccontare. Non è colpa di nessuno però aspettarsi che  una mucca impagliata dia ancora del latte non è proprio una mossa da gran scienziati.

Ps
Masterchef è stato vinto da tal STEFANO. Giovedì passatelo in maniera più costruttiva.

Ps 2
Ge’, Fra’ una volta buttavamo i pomeriggio a guitar hero.. non era meglio?

Ps3
Menzione d’onore per la signorina Denise, neo lettrice che non conosco ma che ha speso parole che nemmeno mia madre avrebbe usato. Grazie, di cuore.

marzo 4, 2015 Posted by | Editoriali | 2 commenti