Parole sfuse che costano meno

Le donne vengono da Venere, gli uomini da Garbatella

Spuntature ed impuntature

dino
Ho già affrontato il viaggio attraverso quel paese dell’eterna primavera, quell’era dell’acquario che è il mio carattere per cui dubito che l’episodio gratificante che mi appresto a raccontare possa sorprendere qualcuno ma lo faccio lo stesso perché è al contempo prova che sono assolutamente figlio dei miei genitori e che a tutto c’è rimedio, anche alla morte se hai le conoscenze giuste come può testimoniare l’amico Lazzaro.
Nel 1977 avevo ricevuto, credo da mio nonno materno, quello che ancora oggi ritengo il regalo più bello di tutti i tempi: una Citroen DS rossa a batteria che mi permetteva di sfrecciare silenziosamente per i viottoli della casa al mare ad una velocità probabilmente inferiore a quella di una limaccia cardiopatica ma che agli occhi di un bambino sembrava quella di un proiettile sparato da un missile.
Fu una stagione di gloria tremendamente breve perché al primo temporale estivo nessuno pensò di dover mettere il mio bolide a riparo la piccola Citroen si ritrovò sommersa da una densa schiuma corrosiva uscita dalla batteria. Fine dei giochi, fine del mio rapporto con la velocità (tralasciando le donne).
Stavo ancora piangendo la prematura perdita quando i miei genitori, sicuramente mossi dai sensi di colpa, si presentarono con una piccola bicicletta blu, una Dino, equipaggiata da rotelline di sicurezza e sacca degli attrezzi.
Ero innamorato perso di quella bicicletta e passavo i pomeriggi a fare piccola manutenzione inesistente con una chiave del 10 ed a fare l’inferno sul selciato di casa sotto la camera da letto dei miei, particolare che forse aveva indotto nei miei genitori qualche piccola perplessità sulla loro scelta portandoli a pensare che magari sarebbe stato meglio qualcosa di più rilassante come 5 anni in un collegio a Berna gestito dalla Gestapo.
Ad un certo punto, seguendo un percorso del tutto logico ma molto più probabilmente per ridurre la mia velocità e risparmiarsi la rottura di palle, mio padre si mise a trafficare con la bici per levare le rotelle e fare di me un ometto.
Io ero pietrificato dall’ansia, va bene che era mio padre ma quella era la mia bici. Come si permetteva di profanarla?
Alla mia domanda di spiegazioni papà, che all’epoca fumava qualcosa come due pacchetti Marlboro rosse al giorno e che quindi non abbondava di pazienza e bonomia, fece un faticoso tentativo e mi rispose con calma e dolcezza che era giunto il momento per me di imparare senza rotelline..
Non ho mai accettato i dogmi, cosa che mi è costata due sospensioni e una media in condotta che galleggiava sotto il 7 per cui ho insistito con i miei dubbi sostenendo con rara boria che non sarei mai salito sopra un mezzo così insicuro senza le dovute spiegazioni e garanzie (a nemmeno 4 anni.. badate bene) e li mio padre sbottò cacciando madonne e maledizioni chiudendo la vicenda con uno sferzante “fai come cazzo ti pare”.
Quel giorno è finito il mio rapporto con la bicicletta. Sono passati 35 anni senza un sussulto a parte un battibecco molto accalorato con l’amico Francesco su cosa fosse più assurdo per un uomo fatto e finito se non saper sbucciare una mela o andare in bici.
Beh, la novità è, caro amico mio, che farai meglio a fare pratica col coltellino e molti cerotti perché all’inizio di novembre, in un caldo pomeriggio fuori stagione ho aperto il garage del mare, gonfiato le gomme di una Graziella in ferro battuto della stazza della Nimiz con una falla a babordo ed ho provato… e ci sono anche riuscito.
Certo non è che me ne sono andato sulla Pontina a farmi ammazzare, è più stato come il primo volo dei fratelli Wright però 4 giri dell’isolato sono riuscito a farli cercando di evitare i pini ed i muretti a secco che con incredibile cattiveria mi si sono scagliati contro per farmi cadere. Non sono tornato sul luogo del delitto per alcuni piccoli problemi, tipo il mio tendine sinistro che è esploso in mille pezzi con il rumore del legno umido che brucia, però sono propenso a credere che potrebbe anche piacermi se riuscirò a padroneggiare la curva a sinistra oppure a far credere che per ragioni politiche 3 curve a destra siano indubbiamente da preferirsi.

PS
Un ringraziamento va anche ad un altro amico Francesco che sapendo quando orgoglioso, stronzo e saccente io sia l’ha messa sul “ma mica uno che mette su le centrali atomiche si caca sotto di fare un tentativo vero?”. Indubbiamente ha mosso le leve giuste. In 4 anni ho provato a darti qualche dritta ma ho imparato anche io da te, soprattutto che è inutile aver ragione, perché non sempre serve.
Lo so, è dei Tiromancino ma credo che sia uno dei manifesti della mia vita anche se spesso me ne dimentico

novembre 28, 2013 - Posted by | Editoriali

5 commenti »

  1. Ohibò mi hai strappato un sorriso. Rimettiti presto così potremo pedalare per Roma…
    A presto!

    Commento di Nonno | novembre 29, 2013 | Rispondi

    • ma quale pedalare? io mi aspetto la pajata da mesi!

      Commento di zemariani | novembre 29, 2013 | Rispondi

      • A breve il “ristoratore” dovrebbe chiamare Francone! Si farà!

        Commento di Nonno | novembre 29, 2013

  2. Pensi come sarebbe contento Nonno Emilio !

    Commento di Agnès | dicembre 5, 2013 | Rispondi

  3. cioè stavi per fare la fine del tizio in moto sulla colombo? per un albero?
    P.S. è bello sentire un genitore che prima fa mille moine ma poi ti dice “fa’ come cazzo ti pare”. significa che in fondo si fida :)

    Commento di Shar | dicembre 6, 2013 | Rispondi


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